Avv. Eva Patrizia Campagnoli
2020 https://www.studiolegalecampagnoli.it/
- One Minute Site il site builder italiano per creare siti web © by Digital PMI -
SEPARAZIONE E DIVORZIO IN UN UNICO PROCEDIMENTO
ORA E' POSSIBILE
ARRIVA IL SI DELLA CASSAZIONE
La riforma Cartabia ha introdotto un importante cambiamento, rendendo concretamente possibile presentare un’unica istanza per separazione e divorzio.
La questione è stata inizialmente oggetto di un contrasto di orientamenti giurisprudenziali.
Tra i Tribunali a favore del cumulo, vi è stato, sin dall’inizio, quello di Milano, che ha ammesso anche nel procedimento consensuale e non solo in quello contenzioso, la possibilità di domandare contemporaneamente la separazione e il divorzio.
In seguito, la Prima sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28727 ha chiarito la disciplina, affermando che “in tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473 bis 51 c.p.c. è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
Pertanto, oggi è uniformemente riconosciuta la facoltà di separarsi e divorziare con un unico ricorso, anche consensualmente.
Tale possibilità consente indubbiamente un notevole risparmio di costi e tempi della procedura.
Nei procedimenti che coinvolgono il minore, il genitore lo rappresenta nel giudizio, ma quando ci sono decisioni che riguardano il rapporto genitori/figli, specie se non vi sia accordo i genitori, questi ultimi potrebbero trovarsi in una posizione potenzialmente configgente e non sempre in grado di garantire l’interesse del figlio. Per tale ragione, risulta fondamentale conoscere la volontà del minore attraverso l’ascolto, quale suo diritto ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.
Infatti, il giudice non può limitarsi ad accogliere la raffigurazione delle esigenze del minore che ciascuno dei genitori esprime nel corso del processo, soprattutto se le versioni proposte dai due genitori risultino contrastanti e vi sia forte conflittualità. In tali casi, le soluzioni contrapposte presentate al giudice possono essere poco attendibili o in contrasto con l’interesse del minore e non idonee ad un suo corretto sviluppo psicofisico. Ad esempio, in tema di modalità di permanenza del figlio con l’uno o l’altro dei genitori, scelta della residenza e progetti educativi.
Alla luce della normativa internazionale, la valorizzazione dell’ascolto del minore è divenuta un obiettivo perseguito altresì dalla normativa italiana.
L’ascolto del minore si pone come uno strumento processuale che consente al giudice di compiere una “migliore” valutazione del suo “superiore” interesse; si tratta di uno strumento necessario ma non indispensabile, poiché ad esso non dovrà farsi ricorso nei casi in cui il giudice ritenga che arrechi un pregiudizio per il minore o sia manifestamente superfluo.
Secondo quanto disposto dall’art. 336 bis, comma 1, c.c., il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal Presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, ma se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato. L’ascolto può essere omesso nei casi in cui il giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, ravvisi suddetto pericolo di pregiudizio ovvero un contrasto con gli interessi superiori per l’interessato, ovvero reputi il minore non adeguatamente maturo alla stregua della situazione di fatto considerata.
L’ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. Molto spesso sono delegati i servizi sociali e i professionisti che conoscono il linguaggio dei bambini. Durante l’ascolto, verranno assunte informazioni sul nucleo famigliare, i desideri del minore, le sue opinioni: si pensi, ad esempio, all’opinione manifestata dal minore circa il prospettato trasferimento da un luogo ad un altro, circa il collocamento presso il genitore, la scuola da frequentare ecc.
Va rilevato infine che l’ascolto del minore non potrà mai essere utilizzato come mezzo di prova a favore o meno dei genitori.
Sempre più spesso la convivenza risulta una soluzione non soltanto transitoria, volta a valutare la stabilità del rapporto nella prospettiva di un futuro matrimonio, ma costituisce una vera e propria scelta di vita consapevole e duratura.
Ma quali sono le differenze che permangono ancor oggi, alla luce delle ultime riforme normative, tra convivenza e matrimonio?
Anzitutto risultano finalmente superate le discriminazioni previste nei riguardi dei figli nati fuori dal matrimonio, considerato che la tutela giuridica nei riguardi dei figli è stata equiparata dalla legge del 10 dicembre 2012 n. 219, che ha annullato la distinzione tra figli naturali (ossia nati fuori dal matrimonio) e figli legittimi (ovvero nati all'interno del matrimonio). Si pensi, ad esempio che, prima della riforma, al figlio di genitori non coniugati non era riconosciuto il rapporto di parentela con i nonni.
Pertanto, sotto questo aspetto, i figli godono degli stessi diritti e tutele sia in caso di convivenza che di matrimonio.
Lo stesso non può invece ancora dirsi per quanto riguarda la posizione della coppia sposata rispetto ai conviventi, in quanto, sotto il profilo giuridico, permangono evidenti differenze.
In particolare, vi sono alcuni diritti (e corrispondenti obblighi) riconosciuti unicamente alla coppia sposata, e non alla coppia di fatto.
Unicamente tra i coniugi è previsto:
Va tuttavia sottolineato che sono state introdotte rilevanti novità dalla Legge Cirinnà del 20 maggio 2016 n. 76.
Vi è, anzitutto, la possibilità, per i conviventi registrati all’Anagrafe, di stipulare un contratto di convivenza volto a disciplinare i rapporti patrimoniali (anche nell’eventualità della fine della convivenza).
Inoltre, è previsto che, in caso di cessazione della convivenza, il giudice, su richiesta di uno degli ex conviventi, può stabilire l’obbligo del versamento degli alimenti.
Tuttavia, a differenza di quanto accade per le coppie sposate, gli alimenti possono essere corrisposti:
In conclusione, se è vero che nella scelta tra convivenza e matrimonio intervengono fattori emotivi, psicologici, oltre che economici, va comunque considerato che le conseguenze di tale scelta, sotto il profilo della responsabilità giuridica, risultano evidenti ancora oggi, specie in caso di eventuale rottura del rapporto affettivo.
Per eventuali ulteriori chiarimenti o consulenze in materia di diritto familiare e matrimoniale, lo Studio Legale Campagnoli è a vostra disposizione.
L'intervista dell'Avv. Campagnoli sul tema
matrimonio e convivenza
Quando un rapporto coniugale si incrina irreversibilmente, la decisione di separarsi può risultare una conseguenza inevitabile, con tutte le preoccupazioni derivanti dal dover gestione conflitti emotivi che coinvolgono inesorabilmente anche i figli.
L’esperienza della separazione, pur rappresentando spesso un percorso doloroso, può essere affrontata con la consapevolezza di doversi impegnare in uno sforzo di civiltà e responsabilità volto a mantenere un rapporto sereno con il coniuge che, pur rappresentando il diretto “avversario”, continuerà a rimanere, quale genitore, un fondamentale punto di riferimento per i propri figli.
In tale prospettiva, risulta essenziale definire la regolamentazione del rapporto coniugale non soltanto con la massima efficacia e rispondenza agli interessi familiari, ma altresì in tempi rapidi.
A tale riguardo, uno strumento particolarmente efficace è stato offerto ai coniugi dal nostro Legislatore con l’introduzione della procedura di negoziazione assistita (decreto legge 132/2014, convertito in Legge 162/2014), che consente ai coniugi di separarsi o divorziare in tempi rapidi, senza la necessità di dover comparire davanti ad un Giudice, con evidente risparmio di spese legali.
Il procedimento di negoziazione assistita mira al raggiungimento di un accordo volto a perseguire la migliore realizzazione degli interessi dei coniugi, i quali, assistiti dai rispettivi Avvocati, partecipano direttamente, ed in prima persona, all’individuazione delle condizioni di separazione o divorzio meglio rispondenti ai loro rispettivi interessi. Raggiunto l’accordo di separazione o divorzio, gli Avvocati provvederanno a depositarlo presso la Procura competente, la quale, accertato che l’accordo salvaguardi gli interessi dei minori e non violi diritti indisponibili, entro pochi giorni, e senza necessità di convocare personalmente le parti, rilascerà il nulla osta o autorizzazione. L’accordo dovrà successivamente essere trasmesso, a cura degli Avvocati, entro 10 giorni, al Comune ove il matrimonio è stato trascritto o iscritto, per la necessaria annotazione. Risulta evidente come tale procedura, oltre a garantire tempi rapidi, minor formalismo e spese legali contenute, presenta spesso l’indubbio vantaggio di ottenere un diretto coinvolgimento e proficuo confronto tra i coniugi, superando contrasti apparentemente irrisolvibili mediante un dialogo costruttivo.
L’accordo di separazione o divorzio, raggiunto nell’ambito della procedura di negoziazione assistita, certificato dai difensori delle parti e autorizzato dalla Procura competente, ha la stessa efficacia del provvedimento di separazione o divorzio adottato dal Tribunale.
In conclusione, ciò che spesso mi sento di suggerire ai miei Clienti, quando si accingono a percorrere la via della separazione, è che nessun Giudice, per quanto preparato e ragionevole, saprà mai trovare una regolamentazione maggiormente efficace e rispondente agli interessi familiari di quanto sappiano fare gli stessi coniugi ove, messi da parte orgoglio e rancore, affrontino lucidamente il cammino della separazione, con evidente salvaguardia degli interessi dei figli inevitabilmente coinvolti.
Con una rivoluzionaria pronuncia (sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017), la Corte di Cassazione, ha introdotto nuove regole volte alla quantificazione dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge.
La sentenza della Corte Suprema, allontanandosi da uno storico orientamento favorevole al coniuge economicamente più debole, ha stabilito che, nel determinare l’entità dell’assegno di mantenimento dovuto a seguito di divorzio, non si dovrà più far riferimento al tenore di vita che i coniugi avevano durante il matrimonio.
In conseguenza dell’innovativa pronuncia, pertanto, la finalità dell’assegno non dovrà più essere quella di garantire al coniuge più debole il medesimo tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio, d’ora in poi si avrà riguardo al criterio della non autosufficienza economica del coniuge richiedente l’assegno. In altri termini, secondo la sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017, avrà diritto al mantenimento unicamente l’ex coniuge che versi in situazione di non autosufficienza economica, a causa di inadeguatezza dei propri redditi ovvero di impossibilità oggettiva di procurarsi redditi.
Va peraltro precisato che la recente sentenza concerne unicamente i casi di divorzio, ossia di estinzione del vincolo coniugale.
Nei casi di separazione personale dei coniugi, invece, non verrebbe meno il dovere di assistenza e solidarietà materiale fra i coniugi. Conseguentemente, permarrebbe la determinazione dell’assegno di mantenimento sulla base del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio (v. recente sentenza nella causa di separazione Berlusconi-Lario - Cassazione n. 12196– 16.05.2017).
La Legge n. 76/2016 (c.d. Legge Cirinnà) ha regolamentato le convivenze di fatto, intervenendo sul tema al fine di stabilire chiaramente, a livello normativo, quali sono i diritti di coloro che sono uniti stabilmente da legami affettivi, pur non essendo ufficialmente legati da vincoli coniugali.
Quali sono, dunque, i diritti e doveri delle coppie di conviventi alla luce della recente normativa?
Lo status di convivente assume rilevanza con riferimento ad alcuni peculiari eventi:
- Diritto agli alimenti: qualora la convivenza venga meno, a seguito di separazione della coppia di fatto, il giudice, su richiesta di uno degli ex conviventi che si trovi in stato di bisogno, può stabilire a carico dell’altro ex partner, l’obbligo di corrispondere gli alimenti. Tale obbligo, previsto per un tempo determinato, viene stabilito in misura proporzionale alla durata della convivenza. Va, peraltro, chiarito che gli alimenti corrispondono a quanto necessario ai fini della sopravvivenza e risultano, quindi, inferiori al c.d. “mantenimento”, previsto in caso di separazione delle coppie sposate.
- Il convivente può essere nominato tutore o amministratore di sostegno, nel caso in cui il proprio partner venga dichiarato inabilitato o interdetto.
- Diritto di visita, assistenza ed accesso alle informazioni personali: Il convivente può visitare il partner in ospedale, prestando assistenza in caso di malattia e acquisendo poteri decisori riguardo ai trattamenti terapeutici.
- Il convivente può subentrare nel contratto di locazione ed ha il diritto di continuare a vivere nell’immobile in caso di morte del partner intestatario del contratto. Nel caso di convivente deceduto proprietario della casa, l’altro partner può continuare a vivere nell’abitazione per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.
- Il diritto al risarcimento del danno viene riconosciuto al convivente in caso di morte del partner per infortunio sul lavoro o altro fatto illecito, in modo analogo a quanto previsto per i coniugi.
Va sottolineato che i diritti e gli obblighi sopra indicati sono previsti a favore di tutti i conviventi, anche in caso di convivenze di fatto non registrate all’anagrafe del Comune di residenza. In effetti, la registrazione anagrafica non è necessaria per il riconoscimento dei diritti dei conviventi, avendo solo lo scopo di facilitare la prova della convivenza.
Se leggiamo attentamente le nostre bollette di gas o elettricità, potremmo accorgerci che, molto spesso, l’IVA viene calcolata anche su addizionali ed accise.
Ciò non è certamente sfuggito ad un consumatore veneziano che ha proposto ricorso contro l’Enel, con l’obiettivo di richiedere la restituzione della tanto contestata “tassa sulla tassa”, ossia della quota di Iva che, sulle utenze di gas e luce, viene calcolata anche sulle accise.
E la tenacia del consumatore alla fine è stata premiata: un giudice di Pace di Venezia – con pronuncia diventata definitiva - gli ha dato ragione, stabilendo l’illegittimità della doppia imposizione fiscale, e condannando l’Enel alla restituzione di quanto ingiustamente versato.
Nel provvedimento, il Giudice richiama il principio stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza 3671/97, secondo il quale, salvo espressa deroga, un’imposta non costituisce mai base imponibile per un’altra.
L’intera vicenda trae origine dall’iniziativa promossa dai consumatori al fine di ottenere il rimborso dell’Iva indebitamente pagata dai cittadini sulla Tassa dei rifiuti, che ha portato, con la nuova Tari, a non prevedere più il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto.
Sono ormai passati tredici anni dall'entrata in vigore dell'art. 126 bis del Codice della Strada, che ha introdotto il meccanismo della patente a punti.
Come sappiamo, al momento del rilascio della patente viene assegnato un punteggio di 20 punti che, da un lato, può essere ridotto in conseguenza delle infrazioni commesse, dall'altro può incrementarsi grazie a corsi di recupero e bonus di buona condotta.
Al fine di verificare le nostre penalità e scoprire quanti punti ci sono stati decurtati a seguito delle infrazioni commesse, oltre che telefonare al numero appositamente istituito ( 848 782 782 da rete fissa), ci si può registrare registrare sul sito www.ilportaledellautomobilista.it.
E' inoltre possibile scaricare l'app "iPatente".
Se il saldo punti è pari a zero, si dovrà nuovamente sostenere l'esame di guida, poiché la perdita di tutti i punti causa la revoca automatica della patente. Per evitare di dover correre ai ripari quando è troppo tardi, ci si può iscrivere ai corsi a tal fine organizzati da soggetti abilitati (ad es. scuole guida).
Qualora si abbia urgenza di recuperare i punti persi, è bene sapere che per iscriversi a tali corsi non è più necessario attendere il recapito della comunicazione di decurtazione dei punti da parte del DDT, poiché, accedendo al Portale dell'Automobilista, si potrà stampare direttamente il saldo punti patente residui e presentarlo al responsabile del corso di recupero.
Si ricorda che, grazie a questi corsi, il titolare della patente può recuperare 6 punti. Chi è, invece, in possesso di una patente professionale può recuperare 9 punti in una volta sola.
L'Avvocato Campagnoli con studio in Rho (MI) offre un costante aggiornamento in merito alle più importanti novità giuridiche, normative e giurisprudenziali, al fine di fornire un utile mezzo di informazione e conoscenza a disposizione di tutti.
Lo Studio Legale Campagnoli è a Vostra disposizione per pareri o consulenze giuridiche. Per informazioni contattate il n. 02 91092684 oppure inviate una mail a info@studiolegalecampagnoli.it.
ATTIVITA' LEGALE PER IL PRIVATO
ATTIVITA' LEGALE PER LE AZIENDE
DIRITTO FAMIGLIA E SUCCESSORIO
DIRITTO DEL LAVORO E PREVIDENZIALE